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sabato 3 settembre 2016

Per fare l'inchino alla Merkel, il governo di Capitan Fracassa e del comandante Schettino manda l'Italia sugli scogli

Joseph Mallord William Turner “Il naufragio” (1805 – olio su tela – Londra, Tate Gallery)
L'Istat ha confermato ieri che il II trimestre 2016 si è chiuso con un tasso di crescita del Pil pari a zero: ma l'impareggiabile Pier Carlo Padoan, interpellato a Cernobbio all'annuale appuntamento dello Studio Ambrosetti, dichiara imperturbabile che il Pil è in crescita. Punto.
Un ministro dell'Economia che chiude gli occhi di fronte all'evidenza dei dati non è uno spettacolo edificante: semmai è uno spettacolo rottamante... 
A questo punto abbiamo la dimostrazione matematica che di Renzi e della sua squadra, a maggior ragione del plenipotenziario all'Economia, non ci si può fidare: in nessun senso possibile.
Se l'intento era quello di rassicurare, beh, decisamente l'effetto è di segno diametralmente opposto: genera inquietudine sapere che chi tiene la barra del timone naviga a vista e non bada più non solo ai mugugni dei viaggiatori, che si accorgono allarmati che la barca è  in secca, ma addirittura alle indicazioni della strumentazione di bordo! 

Per i passeggeri della nave "Italia" varrebbe la pena di gettarsi in acqua e urlare: "Si salvi chi può!".
Pessimo segnale anche per i mercati: non bastavano le spacconate di capitan Fracassa,  alias Matteo Renzi, adesso ci si mette Padoan a vestire i panni del comandante Schettino... 
Mandare sugli scogli il Belpaese giusto per fare l'inchino alla Merkel e farle sapere che tutto va bene madama la marchesa!
Sì, perché il senso del suo commento è proprio questo: più che agli italiani, che snobba stizzito davanti alle telecamere, il nostro ministro dell'Economia si rivolge ai tedeschi: per rassicurarli che la pacchia per loro non finisce qui. 
In sostanza con il suo ottimismo di facciata invia loro il seguente messaggio: continuate pure, grazie all'euro, a restare con un enorme surplus commerciale, a danno degli altri partners europei ed in patente violazione dei trattati europei, perché qualcosa riusciamo ancora a raccontare agli italiani per tenerli buoni nonostante la crescita zero.
E il naufragar m'è dolce in questo mare....

domenica 11 novembre 2012

Fuori dal tunnel, lucciole per lanterne

Altra brillantissima performance di Eugenio Scalfari nel suo solito sermone domenicale.
Questa volta cerca disperatamente di dare concretezza alla sensazione di Monti che vede una luce fuori dal tunnel per l'economia italiana.
Ciò in evidente contraddizione con le previsioni del PIL italico, che l'Istat vede al -2,3% per quest'anno ed ancora ad un -0,5% per il 2013. Leggermente migliore è la previsione fatta dalla Commissione Europea che, confermando lo stesso dato per l'anno in corso, vede un -0,3% per l'anno prossimo.
Almeno altri 15 mesi ancora di recessione, con il PIL che resta in calo e il fronte lavoro che va ulteriormente peggiorando con il tasso di disocupazione che scende dal previsto 10,6% di fine anno all'11,4% dell'anno prossimo.
Ma lo scenario è ammantato da una fitta coltre di nebbia visto che i suddetti dati dipendono molto dalla prevista ripresa della domanda estera, in linea con l'incremento del commercio mondiale e del ciclo economico internazionale. Se questo però tardasse a ripartire, il vaticinio crollerebbe come un castello di carte e la situazione italiana sprofonderebbe inaspettatamente nel dramma.
Con buona pace della cancelliera tedesca Angela Merkel che, non più tardi di lunedì scorso, ha affermato al congresso regionale della Cdu che ci vorranno almeno 5 anni per superare l'attuale crisi economica.

Ammette l'Istat: "Le difficoltà finanziarie delle famiglie e la crescita della disoccupazione associate alla lunghezza della fase recessiva potrebbero amplificare i rischi al ribasso della previsione".
Ma l'impareggiabile Scalfari concorda con quello stravagante di Mario Monti nel vedere rosa: "Monti continua a segnalare una luce in fondo al tunnel e lo prendono per matto. La sua mattana sarebbe infatti contraddetta sia dalle previsioni dell'Istat sul Pil sia da quelle analoghe della Commissione di Bruxelles. Eppure - oltreché da Monti - quella luce in fondo al tunnel la vedono anche Draghi e il Fondo monetario internazionale. Come si spiega questo così netto contrasto di opinioni?
A parte una legittima differenza di punti di vista sull'andamento delle cose, c'è una cifra condivisa da tutti gli interlocutori di questo dibattito: l'andamento del Pil in Italia. Sarà del meno 2,4 o meno 2,3 quest'anno e meno 0,2 o addirittura in pareggio nel 2013. Il segno meno permane in tutti e due gli anni considerati ma tra l'uno e l'altro si registra un miglioramento di tre punti il che significa un aumento di circa 50 miliardi in cifre assolute. Non è molto ma neppure poco. Tre punti di Pil non sono una luce? "
Ma come? meno 2,3% a cui si aggiunge un ulteriore meno 0,2% per il 2013 al paese nostro fa complessivamente meno 2,5%: più recessione di così! 
Per Scalfari è invece la conferma di un miglioramento del Pil, udite udite, addirittura di 3 punti percentuali!
Cioè il minore decremento del Pil previsto per il 2013 rispetto al 2012 si trasfigura addirittura in un suo incremento del 3%!
Dove se li sarà andati a procurare questi tre punti da 50 miliardi di dollari, pardon di euro?
Se la matematica diventa un'opinione, è chiaro che da dentro al tunnel possiamo pure restare accecati dal solleone!
Basta preventivamente impasticcarsi per bene: Lucy in the Sky with Diamonds...




lunedì 11 giugno 2012

L'Istat boccia Monti: PIL - 0,8%! Si può continuare così fino al 2013?

L'araldo del Quirinale, ovvero la Repubblica, il quotidiano fondato da Eugenio Scalfari, ieri ci informava che l'instancabile uomo del Colle stava mettendo la sua buona parola anche sulla missione degli Azzurri di Prandelli nella campagna di Polonia e Ucraina, alla vigilia della discesa in campo contro la Spagna.
Il titolo d'apertura dell'edizione on line era:
'Europei, Napolitano spinge l'Italia "La crisi? Anche una vittoria incoraggia"'.
Sembra che nel dopopartita con la Spagna il presidente sia addirittura sceso negli spogliatoi ad abbracciare Buffon...
Insomma, è finito il tempo in cui per far scendere lo spread bastava che il bocconiano di ferro Mario Monti predicasse il rigore della riforma previdenziale più severa d'Europa, il tutto condito con le lacrime di coccodrillo dell'impareggiabile ministro Elsa Fornero che annunciava che i poveri pensionati avrebbero perso pure il misero adeguamento dei loro vitalizi all'inflazione.
Pure i polli sapevano che questi provvedimenti non avrebbero neppure scalfito il differenziale del rendimento dei nostri titoli di Stato con i Bund tedeschi, trattandosi di misure volte nella migliore delle ipotesi ad avere effetti in un orizzonte previdenziale, che per definizione non può che essere di lungo termine.
Tant'è che se non fosse intervenuto Mario Draghi da Francoforte con una maxi immissione di liquidità da mille miliardi a favore delle banche europee, a quest'ora chissà lo spread quali altre barriere avrebbe sfondato.
Ai tecnici serviva in quel momento un'esibizione di muscoli per persuadere i mercati che la nostra democrazia era ormai sotto lo schiaffo dei potentati economici e finanziari e che la popolazione italiana era stata messa in sicurezza, cioè nelle condizioni di subire qualsiasi vessazione presente e futura senza protestare.
Il tutto lavorato dai media amici al punto da trasfigurare le persone di Monti e Napolitano in salvatori della patria, coloro che stoicamente impongono ai cittadini condizioni di vita durissime pur lasciando politici e grandi burocrati di Stato a gozzovigliare allegramente: se non è un'impresa eroica questa!
Delle tre parole d'ordine, rigore-equità-crescita, l'unica che hanno davvero perseguita è stata la prima; quanto all'equità non c'è stata neppure una dichiarazione d'intenti in questo senso perché, al di là del teatrino quotidiano da dare in pasto ai TG, occorreva mostrare agli osservatori internazionali l'esatto contrario.
Il governo Monti, malgrado la sua inqualificabile maggioranza, agli occhi della community finanziaria doveva avere la forza di esibire il pugno di ferro in campo economico ma essere nel contempo rassicurante, riuscendo a farlo senza mettere in discussione il primato sociale della sua pessima classe dirigente.
Ecco perché l'attacco allo Statuto dei lavoratori ha rappresentato una tappa obbligata di questo percorso e a nulla sono valse le argomentazioni avanzate da più parti sull'irrilevanza economica della modifica dell'articolo 18 con l'introduzione del principio del licenziamento facile: ennesima mossa ideologica di un governo dei poteri forti che metteva sotto scacco la sua popolazione.
Che poi i tecnici sono completamente impreparati sui temi della crescita economica è un piccolo dettaglio  che è emerso dopo alcuni mesi di grandi annunci: è possibile che in nove mesi i bocconiani  non siano riusciti ad emanare un solo provvedimento degno di questo nome?
Probabilmente se avessimo dato l'incarico ad un gruppo di studenti delle superiori, tanto una qualche misura cristallina a favore della crescita sarebbe venuta fuori.
E invece abbiamo assistito in questi mesi a tanto fumo e niente arrosto.
A cosa si siano ridotte le mitiche liberalizzazioni montiane del gennaio scorso ce lo dice il dato pubblicato oggi dall' Istat sul Pil del primo trimestre sceso addirittura dello 0,8%, il peggiore risultato degli ultimi tre anni: un vero smacco per la squadra di Mr. Monti!
Non parliamo poi dello spending review (già l'abuso del termine inglese è tutto un programma!), perché lì rasentiamo il ridicolo.
Ma come? Il ministro Giarda non aveva qualche settimana fa annunciato che sarebbe stato  facile tagliare subito 100 miliardi di spesa pubblica (per poi arrivare, con più tempo a disposizione, a due-trecento miliardi) semplicemente eliminando gli sprechi?
Ci saremmo potuti risparmiare ampiamente il salasso odierno dell'IMU, che complessivamente è stimato attorno ai 20.
Chiacchiere di fine primavera, come la querelle tra Vittorio Grilli e Corrado Passera sul finanziamento delle misure per la crescita: si arriva addirittura al giorno fatidico del Consiglio dei ministri in cui il provvedimento sarebbe dovuto essere approvato per poi inopinatamente soprassedere per mancanza di copertura finanziaria.
Splendido! Manco fossimo nella migliore commedia all'italiana!
In questo marasma, a cui si aggiunge la notizia di un nuovo buco da tre-quattro miliardi per il calo del gettito tributario dovuto proprio alla recessione, effetto ben poco collaterale della cura Monti, Pd e Pdl hanno la faccia tosta di spartirsi le poltrone degli organismi di garanzia, le cosiddette Authority, infischiandosene prima ancora che dei cittadini, del comune senso del pudore.
Uno spettacolo di giorno in giorno più indegno, con i vari Martusciello, moglie di Vespa ed altri personaggi in cerca di poltrona che tagliano il traguardo, in barba ai curriculum di coloro che con molta più indipendenza e competenza avrebbero meritato quei posti.
Se però il responsabile economico del Pd Stefano Fassina fa notare che, a questo punto, sarebbe meglio andare a votare a ottobre piuttosto che tirare a morire con questo strazio di governo, apriti cielo!
Scoppia il finimondo, con Pierluigi Bersani, segretario del PD, che dichiara ai quattro venti di  sostenere Monti senza se e senza ma fino al termine della legislatura.
Se poi Beppe Grillo e il suo movimento sbancheranno le urne, raggiungendo magari la maggioranza assoluta dei voti, nessuno della Casta dovrà lamentarsi...