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giovedì 8 novembre 2018

Poveraccio... adesso aiutatelo!

Stavolta Repubblica ha mantenuto un minimo di deontologia professionale, non affogandosi a pubblicare una notizia che aveva tutto il sapore della fake news.
Non ci voleva molto: perché era inverosimile che qualcuno potesse pronunciare parole come quelle, attribuite a Rocco Casalino, portavoce della Presidenza del Consiglio, se non in un particolare contesto: appunto, un'esercitazione teatrale!
La cosa disperante è che il PD si è buttato a corpo morto sulla bufala, uno spezzone video di 14 anni fa, a conferma che a Largo del Nazareno sono ridotti alla disperazione: neppure hanno aspettato che la loro Pravda desse fuoco alle polveri!
Un minimo di circospezione avrebbe dovuto suggerire a Renzi di pazientare un attimo, verificando di persona come fosse possibile che Repubblica si fosse perduta un'occasione tanto ghiotta. Spalare fango sul M5S, in modo peraltro così comodo e a costo zero, senza la necessità di spendere denari per sguinzagliare giornalisti alla ricerca della pistola fumante, magari in polverosi archivi catastali, come accaduto due giorni fa per il vicepremier Luigi Di Maio: tentativo, anche quello, andato a vuoto miseramente.
No! Matteo da Rignano, non poteva aspettare!
Come un pugile ormai alle corde, si è subito catapultato al centro del ring, sperando di giocare sull'effetto sorpresa per ribaltare così, all'ultima ripresa, una stagione politica davvero tremenda per lui. 
Così, non solo ha lanciato i suoi bravi all'arrembaggio, silurando Casalino via Facebook, ma, di fronte alla secca smentita di quest'ultimo, corroborata da numerose  e autorevoli fonti, non ha arretrato di un millimetro, ribadendo via tweet, la richiesta di dimissioni.
Coprendosi, ancora una volta di ridicolo: insomma, ko tecnico.
Poveraccio, adesso aiutatelo!
Stavolta Repubblica ha mantenuto un minimo di deontologia professionale non affogandosi a pubblicare una notizia che aveva tutto il sapore della fake news.
Era inverosimile che chiunque potesse pronunciare parole come quelle se non in un particolare contesto: appunto, un'esercitazione teatrale.
La cosa disperante è che il PD si è buttato a corpo morto sulla bufala, uno spezzone video di 14 anni fa, a conferma che  lì sono ridotti alla disperazione: neppure hanno aspettato che la loro Pravda desse fuoco alle polveri!
Un minimo di buonsenso avrebbe dovuto suggerire a Renzi di pazientare un minuto prima di dare avvio all'ennesimo attacco suicida contro il M5S.
Invece non solo ha lanciato i suoi bravi all'arrembaggio, silurando Casalino via Facebook, ma, di fronte alla smentita, non ha arretrato di un millimetro, ribadendo via tweet, la richiesta di dimissioni.
Poveraccio, aiutatelo!

domenica 5 marzo 2017

Ennesimo autogol di Renzi dalla Gruber

Grillo, ancora una volta, ha colto nel segno.
Che cosa voleva dire Renzi quando, riferito a suo padre, si è così espresso dalla Gruber: "Se colpevole, pena doppia per lui!"?
Tutti, ma proprio tutti, hanno capito che mentre difendeva a spada tratta il fido scudiero Lotti, non altrettanto si sentiva in animo di fare per il proprio genitore.
Giustissima osservazione di Grillo che in quel frangente Renzi avesse rottamato il padre: è quello che ha fatto credere a tutti, giornalisti di area amica compresi, ritenendo in totale buona fede che da parte sua ci fosse una presa di distanze da papà Tiziano.
Invece, per rintuzzare l'osservazione perspicace di Grillo, ha dovuto ammettere che la sua era solo una provocazione: ovvero, sotto i riflettori del talk show, ci stava semplicemente prendendo in giro!
Ennesima conferma che dice quello che non pensa e pensa quello che non dice: Italiani, state sereni!

giovedì 10 novembre 2016

E' la democrazia, bellezza!

Mentre Renzi innesta frettolosamente la retromarcia per tentare di riavvicinarsi a Trump rimangiandosi goffamente tutto ciò che gli vomitava addosso solo qualche ora fa, i media, la cui sonora batosta di ieri sembra proprio non sia servita a niente, insistono enfatizzando le  manifestazioni di chi è sceso in piazza in America per protestare contro la sua elezione.
Alla faccia delle democrazia!
Si dà il caso che la vittoria di Donald Trump sia stata decisa da trenta milioni di americani; che cosa rappresentano adesso poche migliaia di persone deluse? Nulla!
A meno che Repubblica & c. non condividano un particolare concetto di democrazia secondo cui se vince la solita élite radical chic, è tutto ok; ma se a vincere sono gli altri, allora la democrazia non va più bene.
E' lo stesso schema eversivo che si usa con i 5Stelle: l'Italicum andava bene finché i sondaggi davano per vincente il PD; ma se forse così vincono loro, è immediatamente da cambiare, perché a vincere deve essere il PD!
Ma ciò non ha nulla a che vedere con la democrazia!
Piuttosto è la PDcrazia: la PartitoDemocrazia, ovvero la dittatura del PD, partito di potere che ad esso ha sacrificato ormai pure la sua identità!
Il voto di ieri significa proprio questo: lungi da un'appartenenza ideologica che tutto irrigidisce e troppe volte deforma, il popolo americano ha dimostrato tutta la propria insofferenza verso l'establishment: guai a farlo arrabbiare! 
Ha ancora una volta avuto ragione Grillo: è stato un gigantesco Vaffa...
Il campanello d'allarme che ormai dall'Italia del M5S alla Brexit, alle presidenziali USA, suona in tutto l'occidente è che le élite devono sapere che non è più il tempo di sentirsi superiori alla 'plebe' e di gestire il potere come per investitura divina, quasi che le elezioni fossero divenute un noioso adempimento burocratico.
Se la gente si accorge che fai esattamente il contrario di ciò che ti eri impegnato a fare, se tradisci tutti gli slogan che ti eri dato finendo per svuotarli di ogni significato, se (è il caso di Obama) hai sprecato otto anni della tua amministrazione senza essere riuscito a combinare un granché, impoverendo la classe media, rendendo il mondo più insicuro, combattendo il terrorismo più sui giornali che nei vari teatri di crisi, alimentando il sospetto che stai seguendo una strategia inconfessabile, beh, ti meriti di essere rispedito a casa da un Trump qualsiasi, a dispetto di tutti i limiti che quest'ultimo palesa.
Intanto se qui in Italia, qualche sapientone dei media vorrà avvertire il Cialtrone, mai eletto da nessuno e che punta tutto sulla velocità e sul furto di sovranità, che è in arrivo il conto anche per lui, almeno gli risparmierà l'amara sorpresa che ieri ha ricevuto la Clinton.

sabato 29 ottobre 2016

Il miracolo di Renzi: 44 gatti voteranno sì...


Ma dov'è finito il suo popolo? Senza la macchina organizzativa del partito (che agli Italiani costa un occhio della testa!), oggi in piazza del Popolo non ci sarebbe praticamente nessuno. Sono più le bandiere, nuove di zecca, che le persone: molti ne agitano due insieme!
Ma dove sono gli operai, le famiglie, i giovani, le mamme, i nonni, gli zii, i precari, i co.co.co., le casalinghe, i disoccupati?
Eppure è una magnifica giornata di sole!
E' l'Italia della narrazione renziana: fatta di sagome, non di vite, di pullman non di passeggini o di biciclette, di voci non di cori, di gerarchi non di compagni.
La telecamera si concentra sul palco e quando fugacemente si rivolge al pubblico zooma sulle prime file in modo da non far percepire le dimensioni della piazza: camuffare i vuoti gonfiando i pieni.
Desolante spettacolo di fine regime.

domenica 5 luglio 2015

Italiani, state sereni! Tra Tsipras e Merkel, Renzi ha (già) scelto la Merkel

Per capire l'inettitudine e il temperamento da voltagabbana dei dirigenti piddini basta solo analizzare l'atteggiamento mostrato dal premier e segretario del PD Renzi in questi giorni nei confronti del referendum di Tsipras.
Dietro alle gonnelle della Merkel, non ha detto una sola parola di solidarietà ai Greci, anzi li ha duramente contestati!
Purtroppo per noi tutti, la situazione greca è molto meno grave di quella italiana e se Renzi avesse avuto un minimo di attaccamento alla bandiera avrebbe sfruttato l'occasione storica per fare fronte comune con Tsipras contro la politica di folle austerità dei tedeschi.
Ed invece niente! Se ne è restato alla finestra a godersi lo spettacolo per vederne l'esito prima di sbilanciarsi, in un senso o nell'altro (per lui fa uguale)! 
Viltà e sudditanza psicologica ai tedeschi e sordità al grido di dolore che viene dal Paese reale: ovvero, una politica colpevolmente suicida.
Questa sera, comunque vada, cercherà di vendersi come colui che era dalla parte giusta. 
Ma se dovessero vincere i NO, cavalcare la vittoria di Tsipras sarebbe l'ulteriore riprova della sua totale inaffidabilità di uomo politico e di statista.
Già a livello europeo, la sua credibilità rasenta lo zero.

sabato 20 giugno 2015

Fate presto!


La vogliamo dire tutta? Matteo Renzi è al capolinea! 
Ma chi glielo va a dire? La pattuglia dei piddini che con il porcellum ha trovato finalmente il sospirato posto al sole? 
Bersani che ad ogni pié sospinto dichiara che sì lui critica ma è sempre disposto a votare la fiducia?
Le scompaginate truppe berlusconiane che non sanno più a quale leader votarsi? 
I media che lo hanno montato fino a farlo impazzire come la maionese?
Questo guitto da reality show ha fra l’altro consegnato le sorti del Paese nelle mani della Merkel e di Obama e, spergiurando che va tutto a gonfie vele, distrugge pezzo a pezzo, giorno dopo giorno, ciò che resta dell’economia del Paese e del suo fitto ed articolato tessuto di piccole e medie imprese: in questo è veramente un rottamatore, come ha voluto presentarsi sin dagli esordi sulla ribalta politica nazionale. 
Se lui continua imperterrito a parlare a vanvera, in platea si comincia a sbadigliare rumorosamente, mentre il Paese affonda sotto i colpi di quella che si è rivelata una vera e propria arma di distruzione di massa: l’Euro.
Al di là dei finti numeri, guarniti ad arte da Palazzo Chigi, bastano le immagini: ormai in ogni strada di tutte le città italiane sono più le saracinesche abbassate delle vetrine illuminate. 

Un’autentica desolazione.
In giro, per la prima volta dagli anni ’50, si vede tanta miseria e disperazione.
Cosa bisogna ancora aspettare per spedirlo a casa? E' il momento giusto. 

Anche perché la stagione gli consentirebbe subito di riciclarsi e di raccattare un posto di animatore in un villaggio turistico.
Ma... fate presto!

venerdì 24 aprile 2015

Forse qualcuno non ha capito che non sta su "Scherzi a parte"...

"Ho molto apprezzato la trasparenza del presidente Obama quando ci ha comunicato quello che era avvenuto".
Dobbiamo immaginare che Matteo Renzi non sa di non stare su "Scherzi a parte" quando se ne esce con una frase come questa in conferenza stampa dopo il vertice Ue a Bruxelles a proposito dell'uccisione di Giovanni Lo Porto in un blitz Usa contro Al Qaida in Pakistan.
Si dà il caso che il bombardamento è avvenuto tre mesi fa e solo ora la Casa Bianca ne ha dato notizia: neppure Fantozzi si sarebbe genuflesso ad Obama in forma così pelosa e ridicola, gettando ulteriore discredito sull'immagine del nostro Paese che, viceversa, avrebbe dovuto mostrare, per bocca dei suoi vertici istituzionali, perlomeno stupore e indignazione protestando vibratamente con l'ambasciatore USA a Roma. 
Ma tant'è!
Forse abbiamo un giullare a Palazzo Chigi che pur di rimanere a corte è disposto a tutto, persino a rinnegare il buon senso e il giuramento di fedeltà alla patria.

giovedì 26 marzo 2015

Lupi si dimette... E Bersani che fa? Ovvio, tuona contro le intercettazioni!

Che Bersani non sia esattamente un cuor di leone, l'emblema del cambiamento o di una auspicabile svolta nella politica italiana, meno che meno il protagonista di un possibile riscatto dei cittadini onesti, lo abbiamo ribadito più volte. Troppo contiguo ai potentati economici (non a caso, a suo tempo ricevette un cospicuo "regalo" per la sua campagna elettorale dai proprietari inquinatori dell'Ilva di Taranto), troppo ambiguo nel suo modo di fare politica, troppo subalterno alle ragioni della grande industria, troppo debole nella difesa dei diritti di lavoratori e pensionati, totalmente assuefatto alle nefandezze della Casta che si è sempre ben guardato dal denunciare.
Per giunta, del tutto prono ai diktat europei, a suo tempo impostò la campagna elettorale del PD sull'agenda Monti. Sappiamo tutti com'è andata a finire: lui alle corde, dopo l'ennesima beffa alle Politiche del 2013 e Mario Monti passato alla storia come il commissario liquidatore dell'economia italiana e di cui si sono perse le tracce...
Una fine veramente ingloriosa per il preside della Bocconi, abbandonato persino dai suoi stessi compagni di partito.
Abbiamo più volte sottolineato che chi spera in una sterzata della politica renziana sotto la spinta di Bersani e di quella che dovrebbe essere l'anima di sinistra del PD, è un povero illuso: lo dimostra che l'opposizione che egli ha fatto a Renzi, alla sua indegna riforma costituzionale, al Jobs Act, è stata solo fumo negli occhi.
All'ultimo, Pierluigi Bersani ha finito per votare tutte, ma proprio tutte, le pessime riforme renziane, nessuna esclusa, con la scusa, risibile, di non voler spaccare il partito.
Un comportamento che considerare contraddittorio è un eufemismo. Ultima perla bersaniana è stata quella di intervenire, all'indomani delle dimissioni di Maurizio Lupi da ministro, a gamba tesa sulle intercettazioni chiedendo a gran voce una legge che le limiti.
Intervento più intempestivo, meno opportuno non si poteva concepire, in un momento in cui gli scandali sugli appalti pubblici scoppiano quotidianamente e la classe politica viene per l'ennesima volta investita dal ciclone della corruzione.
In un contesto anche moralmente così degradato, quale sarebbe dovuta essere la reazione di Bersani? Magari infierire contro il ministro dei lavori pubblici per l'ennesima figuraccia delle nostre istituzioni e benedire il cielo che l'immancabile scandalo della vita pubblica italiana sia venuto alla luce proprio grazie all'impegno della magistratura?
Macché! L'esatto contrario: mostrarsi adirato ed invocare una legge bavaglio perché, come dice lui, "Con questo sistema si impallina chiunque".
Difficile credere a chi, proprio come lui, sostiene che non sia questione di poltrona: la sensazione ormai diffusa e consolidata proprio tra l'elettorato di riferimento, è che il nocciolo della questione sia una maledetta questione di potere e di privilegi ad esso connessi.
Così Bersani resta a galla e non concepisce neppure lontanamente che è arrivato il momento di farsi da parte.
Insomma se Renzi è quello che è, una maschera televisiva al servizio della tecnocrazia europea, incapace culturalmente prima che politicamente, di imprimere una svolta all'Italia che, se avvenisse davvero, travolgerebbe in primis proprio lui e il suo indecoroso cerchio magico, Bersani rappresenta il nulla, ovvero la difesa dei privilegi della vecchia nomenklatura che non si rassegna a cedere il passo.
E' per questo che Bersani in fondo rappresenta la migliore polizza assicurativa per il governo Renzi, la cui durata è destinata a prolungarsi a tempo indeterminato per assurdo proprio in virtù dei suoi demeriti e continui fallimenti.
Più Renzi racconta frottole, più disattende tutte ma proprio tutte le promesse fatte, più ci prende in giro con slogan da quattro soldi, più rischia di rimanere a Palazzo Chigi sine die.
Naturalmente, finché la gente non si sveglia...
Ma si sveglierà mai? Con una opposizione alla Bersani, una politica portata avanti dai vecchi compagni di merende, uno schieramento mediatico che h 24 dispensa torpore e disinformazione, abbiamo più di un motivo per dubitarne! 

martedì 2 dicembre 2014

Colpo di scena a "Piazza Pulita": dietro la fronda dei 5Stelle contro Grillo, spunta lo zampino di Renzi

Ora si sa che Renzi, sotto sotto, cercava da tempo  di avvelenare i pozzi del M5S.
La frequentazione telefonica con Massimo Artini, il deputato 5Stelle espulso qualche giorno fa perché non rendicontava nè effettuava a dovere i rimborsi al fondo voluto dal Movimento a sostegno dalla piccola media impresa, è di una tale scorrettezza che, nella storia parlamentare italiana,  trova confronti possibili forse soltanto con la vicenda giudiziaria in corso a Napoli, che vede indagato Berlusconi per la presunta compravendita di senatori. 
Infatti non è compito del premier intervenire così, dietro le quinte, di soppiatto: la presunta "solidarietà" nei confronti del deputato espulso dal gruppo parlamentare di Beppe Grillo (beninteso, non dalla Camera, di cui rinfoltirà a breve il già sovrabbondante gruppo Misto), se  eventualmente andava manifestata, ammesso e non concesso che lo fosse,  andava espressa in pubblico! 
Inoltre, non è mai successo che un leader  metta becco su vicende interne di un'altra forza politica, addirittura del principale competitor: ne va, prima di ogni altro principio attinente la divisione dei poteri, del garbo e del decoro istituzionale.
Nel servizio andato in onda ieri sera a "Piazza Pulita" (la trasmissione su La7 di Corrado Formigli, concepita in modo spudorato per assestare il colpo di grazia alla credibilità del Movimento, si è poi rivelata paradossalmente un boomerang per gli autori), si scopre inaspettatamente che Artini e Renzi si conoscono da una vita! 

Insomma, con consensi in picchiata, data la sua politica fallimentare su tutti i versanti, in primis quello economico, Renzi trama nell'ombra alla stregua di un Verdini qualsiasi, fomentando la congiura tra i 5Stelle, pur di restare a galla. 
Cosa gli avrà promesso?? 
Beppe Grillo ancora una volta ha avuto mille e una ragione nel chiedere alla rete l'immediata espulsione di Artini, che solo qualche giorno fa venne accusato di aver clonato il portale on line del Movimento, impadronendosi, pare, delle credenziali di accesso dei votanti al sistema operativo a 5stelle. 
Si può soltanto immaginare quanto questa accusa, se sarà confermata, insieme alla contiguità del deputato pentastellato con Matteo Renzi, di cui si è venuti a conoscenza, inaspettatamente, proprio da Formigli, siano drammaticamente esiziali per il futuro del Movimento!
Ma l'attacco proditorio di Renzi a Grillo ricalca in modo impressionante quello portato a segno soltanto dieci mesi fa contro l'allora premier Enrico Letta, suo collega di partito, che venne defenestrato in 48 ore  dopo che l'ex sindaco di Firenze  pubblicamente lo aveva rassicurato con l'hashtag #Enricostaisereno. 
Insomma, il 'rottamatore' usa metodi abietti di lotta politica.
Ciò stona in modo stridente con le ipermediatizzate positive novità del nuovo corso renziano che dichiara di puntare sulla trasparenza e la nettezza del messaggio politico. 
Invece, alla fine della fiera, si avverte nel comportamento di Renzi il portato di tutto il peggio della vecchia politica in salsa democristiana, quella per cui, in sostanza, bisogna guardarsi dagli amici più che dai nemici.
Rottamare una classe politica, promettendo sotto le luci delle telecamere sfracelli di cambiamenti ed un futuro moralmente luminoso per il Paese, abusando di toni salvifici e quasi messianici, per finire ad alimentare, nell'ombra, torbide e spregiudicate manovre di palazzo, all'insegna del machiavellismo più becero, non è per niente un buon viatico per chi si è presentato solo pochi mesi fa al Paese, con la battuta pronta ed un sorriso aperto, come un modello di moralità e di intraprendenza giovanile dietro una faccia pulita.

Ora si sa che Renzi, sotto sotto, cerca da tempo  di avvelenare i pozzi del M5S: la frequentazione telefonica con Artini è di una scorrettezza parlamentare che ricorda Berlusconi. Non è compito del premier intervenire così, dietro le quinte: la presunta "solidarietà" si esprime in pubblico! Poi, non è mai successo che un leader  metta becco su vicende interne di un'altra forza politica, addirittura del principale competitor. Si scopre che Artini e Renzi si conoscono da una vita! Con consensi in picchiata, data la sua politica fallimentare, Renzi, trama nell'ombra come Verdini, fomentando la congiura tra i 5Stelle. Cosa gli avrà promesso?? Grillo ancora una volta aveva mille e una ragione nel chiedere alla rete l'immediata espulsione: l'attacco proditorio di Renzi a Grillo ricalca quello con cui venne defenestrato Letta. Il 'rottamatore' usa metodi abietti di lotta politica.
Ora si sa che Renzi, sotto sotto, cerca da tempo  di avvelenare i pozzi del M5S: la frequentazione telefonica con Artini è di una scorrettezza parlamentare che ricorda Berlusconi. Non è compito del premier intervenire così, dietro le quinte: la presunta "solidarietà" si esprime in pubblico! Poi, non è mai successo che un leader  metta becco su vicende interne di un'altra forza politica, addirittura del principale competitor. Si scopre che Artini e Renzi si conoscono da una vita! Con consensi in picchiata, data la sua politica fallimentare, Renzi, trama nell'ombra come Verdini, fomentando la congiura tra i 5Stelle. Cosa gli avrà promesso?? Grillo ancora una volta aveva mille e una ragione nel chiedere alla rete l'immediata espulsione: l'attacco proditorio di Renzi a Grillo ricalca quello con cui venne defenestrato Letta. Il 'rottamatore' usa metodi abietti di lotta politica.

mercoledì 12 novembre 2014

Fuggire dall'Euro! L'unica chance dopo le parole agghiaccianti di Draghi

Parole agghiaccianti quelle pronunciate oggi da Mario Draghi, governatore della BCE, intervenuto  all'Università Roma Tre ad un convegno su Federico Caffé, a 100 anni dalla sua nascita. 
Mentre all'esterno della facoltà di Economia un corteo di studenti veniva "contenuto" dalle solite manganellate dalla polizia di Renzi.
Insomma, dopo gli operai  (della Thyssen Krupp), a subire la scure della finanza è ora la volta degli studenti.
"Non si tratta di perdere la sovranità", quella l'hanno persa i Paesi troppo indebitati, "ma di acquistarla condividendola con altri Paesi dell'Eurozona"
Parole che delineano, senza mezze misure, l'incubo kafkiano in cui è piombata l'Italia da quando ha aderito alla moneta unica.
Il re è nudo. Ormai non siamo più padroni di nulla: neppure della povertà, quella di cui erano così orgogliosi i nostri genitori e i nostri nonni, che pure combattevano instancabilmente, giorno dopo giorno, per assicurarci un futuro migliore.
Siamo purtroppo in balìa di un gruppo di banchieri che, numeri alla mano, dopo averci depredato di ogni ricchezza per coprire i loro tragici errori di gestione, adesso hanno rialzato la testa e, irriconoscenti, vogliono pure cacciarci fuori dalla nostra terra e dalle nostre case. 
In nome del dio Euro, senza che nessuno in tutto questo tempo ci abbia mai avvisato, nè interpellato prima  di spingerci giù nel precipizio.
Come tutto ciò sia compatibile con la nostra democrazia resta un mistero. 
Ma qualcuno, la nostra classe dirigente, i politici, dovranno pure rendere conto di fronte al Paese di aver permesso la sua occupazione silenziosa e inesorabile: quella portata avanti, anonimamente, sui monitor azzurrognoli dei borsini, a colpi di spread, del prosciugamento progressivo della liquidità, di una disoccupazione generalizzata, della cessione ormai già consumata della nostra sovranità.
Ma chi sono costoro che possono venire a comandare a casa nostra? 
Dove sta il Presidente della Repubblica, il Parlamento, il Governo, la nomenklatura di destra e di sinistra dell'ultimo ventennio che hanno permesso, per il proprio vantaggio personale e familiare, la perpetrazione di un simile disegno eversivo?
Perché qui i reati di alto tradimento, di attentato al funzionamento degli organi costituzionali, di eversione, ci sono tutti. E qualcuno dovrà pur pagare per tale ecatombe morale prima ancora che finanziaria ed economica!
Ancora una volta Beppe Grillo aveva visto giusto: tutti a casa (e molti in galera!).
Ed uscire dall'Euro diventa ora un imperativo categorico e non procrastinabile per ogni Italiano che abbia a cuore la propria terra, voglia tutelare le proprie radici, prima che i lanzichenecchi la saccheggino per l'ultima volta riportandola, come sentenziava cinicamente il cancelliere austriaco Metternich, ad un'espressione geografica.
Ma se questo è lo scenario, il premier Matteo Renzi, che non può non conoscerlo, ci sta soltanto spudoratamente prendendo in giro.
Tutto è perduto, fuorché l'onore: ma per riprendercelo, dobbiamo fare in fretta. 
Fuori dall'Euro, il prima possibile!



venerdì 22 agosto 2014

Dalla crociata del PD contro Di Battista al ripensamento di Vauro: quando la sinistra è in affanno

Sul Fatto Quotidiano del 19 agosto, Vauro Senesi prende le difese di Alessandro Di Battista, il deputato pentastellato che, in un articolato e lungo intervento sul blog di Beppe Grillo, esamina la complessa e pericolosa situazione mediorientale: un'analisi approfondita e pacata che mette in evidenza le gravi responsabilità dell'Occidente, con particolare riferimento all'Iraq dove oggi imperversa la guerriglia dell'ISIS, l'autoproclamato Stato Islamico, dopo la criminale guerra scatenata nel 2003 dagli USA contro Saddam Hussein, sulla base del finto pretesto di cercare le armi di distruzione di massa. 
Quelle stesse armi, fornitegli in abbondanza a suo tempo proprio dagli Stati Uniti, che il dittatore iracheno non possedeva più avendole utilizzate quindici anni prima principalmente nel conflitto contro l'Iran e, per la parte residua, contro le popolazioni curde. 
Ma, va sottolineato, in quelle due occasioni, nessuno in Occidente si era stracciato le vesti per l'utilizzo di armi chimiche. 
La vicenda aveva fatto clamore solo dopo che gli Stati Uniti, vista l'ingratitudine di Saddam dimostrata con l'invasione del Kuwait, avevano deciso che colui che era stato fino ad allora una loro creatura, era divenuto all'improvviso troppo ingombrante e pericoloso: insomma, il loro nuovo nemico!
E, per la politica estera a stelle e strisce, si è continuato per decenni ad andare avanti così: i fidi alleati che diventano all'improvviso nemici per poi tornare ad essere amici, in un frenetico e azzardato rimescolamento di carte.
Una condotta schizofrenica che non poco ha contribuito a generare il caos odierno: nemmeno un anno fa Barack Obama voleva attaccare la Siria, sempre con la scusa delle armi chimiche, dando manforte proprio ai ribelli di Al Quaeda (un altro nemico  a seconda delle stagioni) e ai jihadisti che, adesso, sono diventati di colpo il nuovo nemico da eliminare.
La mancanza di visione strategica e di totale fallimento della politica estera americana (anche al di là della gravissime responsabilità americane sulla ennesima crisi di Gaza, con oltre duemila morti uccisi dai bombardamenti israeliani) è sotto gli occhi di tutti.
Il ragionamento di Di Battista sottolinea proprio la necessità di evitare facili etichettature delle forze in campo, visto che vengono contraddette in primis proprio dagli etichettatori, gli USA, a cui l'Italia di Renzi oggi si accoda senza un minimo di autonomia e, quel che è peggio, di discernimento: per non parlare di interesse nazionale!
Quindi c'è la necessità, proprio per provare ad impedire l'estensione del conflitto a macchia d'olio, di iniziare a rinnovare le stesse categorie semantiche della politica estera. A partire dal significato da attribuire al termine terrorista
Due gli argomenti chiave proposti da Alessandro Di Battista:
[...]"A questo punto mi domando quanto un miliziano dell'ISIS capace di decapitare con una violenza inaudita un prigioniero sia così diverso dal Segretario di Stato Colin Powell colui che, mentendo e sapendo di mentire, mostrò una provetta di antrace fornitagli da chissà chi per giustificare l'imminente attacco all'Iraq. Una guerra che ha fatto un numero di morti tra i civili migliaia di volte superiore a quelli provocati dallo Stato Islamico in queste settimane. La sconfitta del sunnita Saddam Hussein scatenò la popolazione sciita che covava da anni desideri di vendetta. Attentati alle reciproche moschee uccisero migliaia di persone. Da quel giorno in Iraq c'è l'inferno ma i responsabili fanno shopping sulla Fifth Avenue e vacanze alle Cayman."
[...]"Dovremmo smetterla di considerare il terrorista un soggetto disumano con il quale nemmeno intavolare una discussione. Questo è un punto complesso ma decisivo. Nell'era dei droni e del totale squilibrio degli armamenti il terrorismo, purtroppo, è la sola arma violenta rimasta a chi si ribella. E' triste ma è una realtà. Se a bombardare il mio villaggio è un aereo telecomandato a distanza io ho una sola strada per difendermi a parte le tecniche nonviolente che sono le migliori: caricarmi di esplosivo e farmi saltare in aria in una metropolitana. Non sto né giustificando né approvando, lungi da me. Sto provando a capire. Per la sua natura di soggetto che risponde ad un'azione violenta subita il terrorista non lo sconfiggi mandando più droni, ma elevandolo ad interlocutore. Compito difficile ma necessario, altrimenti non si farà altro che far crescere il fenomeno."
Su queste ultime parole, come i lettori sapranno, si è scatenato l'inferno: hanno preso subito la palla al balzo i farisei del PD (in primis la modesta Debora Serracchiani) che, dovendo coprire mediaticamente il dono di armi che il governo Renzi stava progettando per i curdi, hanno  preso di mira Di Battista, estrapolando le parole che più facevano comodo, descrivendolo come amico dei terroristi, ignorando deliberatamente il ragionamento sottostante. 
Ma la vera ciliegina sulla torta l'ha posta il giornalista Francesco Merlo con un commento su Repubblica così ignobile ed intimidatorio, una sorta di schedatura velenosa, che richiederebbe assolutamente una risposta del deputato pentastellato per vie legali. Si potrebbe chiosare: se questo è un giornalista...
Nemmeno gli ultras in curva, durante il derby, sanno fare di peggio: siamo arrivati al linciaggio bell'e buono, senza che nessuno dentro la cosidetta sinistra parlamentare abbia da subito avuto la dignità di tentare un ragionamento. 
Maestro di cerimonie di questo scempio mediatico è stato addirittura il premier Matteo Renzi che ha rilanciato un vergognoso (o demenziale) tweet del presidente PD Matteo Orfini: "E i grillini rifiutano il confronto sulla riforma della giustizia...coi terroristi bisogna interloquire, ma guai a farlo col governo...".
Ormai la politica nel PD segue la logica del branco e viene fatta necessariamente soltanto con gli slogans: il ragionamento, la riflessione, sono rigorosamente vietati.
Ma intanto nella società civile qualcuno ha avuto il coraggio di leggere, finalmente, le parole di Di Battista, scoprendo che non contenevano nulla di sconvolgente e che, con diverse sfumature a seconda della personalità, la sua analisi poteva essere un buon punto di partenza per approcciare da Italiani il problema mediorientale.
Così l'intervento di Vauro cerca di rimettere a sinistra le cose un po' in ordine, smarcandosi radicalmente dai toni da crociata usati dal vertice piddino contro i 5Stelle. 
La cosa ha sicuramente meravigliato, conoscendo i giudizi tutt'altro che generosi,  che il disegnatore satirico ha rivolto da sempre contro il M5S.
Che Vauro cominci a pentirsi di avere fino a ieri astiosamente attaccato a testa bassa il M5S? 
Però, non se la può cavare così facilmente! Di tutto quell’odio viscerale sono in molti da tempo a chiedergli lumi.
Perché in una famigerata vignetta, proprio alla vigilia delle amministrative vinte quest'anno dal M5S a Livorno, Vauro si rappresenta nell’atto di evirarsi piuttosto che votare il M5S. 
Un attacco satirico evidentemente distruttivo, che non lascia vie di mezzo: una scomunica politica senza se e senza ma.
In una fase storica in cui è in atto un colpo di stato strisciante (che data almeno da tre anni, dal defenestramento di Berlusconi deciso da Napolitano, mesi prima dell’attacco speculativo contro l’Italia), tambureggiare in modo così esiziale l’unica forza politica che ha dato voce ai cittadini, nell'ambito di un panorama mediatico monopolizzato dalla sistematica disinformazione e dal quotidiano bombardamento di giornali, tv, rai, contro di essa, è un comportamento veramente vile e miope.
Poi si può dire tutto quello che si vuole sui limiti del M5S, sui problemi di democrazia interna, ecc. ma è chiaro che senza Grillo il miracolo di un movimento di cittadini che ha messo alle corde la Casta non solo non ci sarebbe stato ma non sarebbe stato neppure immaginabile.
Problemi di democrazia interna? Forse.
Sì, che, di enormi, non ce ne sono stati da sempre dentro il PD, caratterizzato da un modello di finto assemblearismo che ha assicurato ad libitum libertà di azione e di deragliamento politico alla nomenklatura, le cui scelte sono state subite dalla base senza alcun autentico spazio di confronto.
Basta aver bazzicato per qualche tempo le sezioni per rendersene conto: tant’è che ormai sono sparite e le poche rimaste sono semideserte, frequentate da pochi galoppini. 
Non è un caso che il fenomeno Renzi è un’invenzione di matrice quasi esclusivamente mediatica!
Ma, si sa, la trave nel proprio occhio non risalta quanto la pagliuzza in quello altrui.
Se il M5S non avesse avuto una guida politica solida, ferma e coerente, al limite della durezza, con una comunicazione tanto brusca quanto alla luce del sole, oggi, nella migliore delle ipotesi, sarebbe la quintessenza della nullità o dell'irrilevanza politica, tipo il partito di Vendola, SEL. 
Per la somma soddisfazione dei maggiorenti del PD che potrebbero continuare a fregare gli Italiani, infischiandosene pacatamente della loro reazione!
Ecco perché da Vauro si attendono, se arriveranno, spiegazioni più convincenti: che il suo atteggiamento demolitorio contro il Movimento  sia riconducibile esclusivamente al suo sacro furore contro il presunto insufficiente tasso di democrazia interna, lascia davvero molto, ma molto perplessi. 

venerdì 4 luglio 2014

Il faccia a faccia di Renzi con il Pregiudicato dura due ore: ma Serra non se ne accorge


Ancora una volta Michele Serra, da bravo dirigente di complemento del PD, cerca di sviare l’attenzione dal patto scellerato vidimato da Renzi con il Pregiudicato per polemizzare gratuitamente con Grillo e Casaleggio, perché presenti al ricevimento ufficiale all’ambasciata americana. E, con un espediente retorico vecchio come il cucco, fingendo di ironizzare sull’atteggiamento dietrologico che imputa ai 5Stelle, se ne fa lui stesso interprete.
Eppure, ove mai fosse preso da un sussulto deontologico, dovrebbe sapere che la notizia del giorno è stata l’incontro a porte chiuse tra Renzi e il Pregiudicato.
Perché se è ormai Renzi in persona ad imporre la diretta streaming per parlare di legge elettorale con i parlamentari del Movimento, quando invece si tratta di incontrare nell’appartamento presidenziale il frodatore fiscale e tentare con lui di scassinare la Costituzione della Repubblica, le telecamere devono rimanere rigorosamente fuori.
Con l’implicito beneplacito di Serra che a quell’ora, ronfando sull’amaca, non tollera di essere disturbato per nessun motivo.

sabato 31 maggio 2014

Volteggiando sull'Amaca, Serra coglie la pagliuzza ma non bada alla trave

Sull'Amaca odierna, Michele Serra fa finta di non sapere che Grillo non è un parlamentare, non ricopre alcuna carica politica. Pertanto da cosa si dovrebbe dimettere (come lui stesso ripete da qualche giorno)?
Sì, è vero, è il fondatore del M5S: e allora? Dovrebbe forse rinnegare la paternità del suo Movimento? Un po’ come se Eugenio Scalfari rinnegasse di essere il fondatore di Repubblica. E’ chiaro che assistiamo al delirio livoroso di un sinistroide in panni radical chic.
Per far contento Serra, Grillo dovrebbe forse chiudere il blog? Compagni, alla faccia della libertà di pensiero (e di stampa)!
E dove sta scritto che una forza politica che, comunque, ha preso il 21% dei voti, 2° partito italiano, dovrebbe disconoscere il suo padre fondatore, grande artefice, solo 15 mesi fa, di un vero e proprio miracolo del consenso?
Insomma, giusto per fare un favore a Serra, al soldo della corazzata di De Benedetti, il gruppo editoriale che da anni, con un accanimento inspiegabile, getta palate di fango su Grillo e il suo Movimento.
E poi se proprio dovessimo parlare di coerenza, com’è che Serra non ha avuto nulla da obiettare nei confronti di Renzi quando, tre mesi fa, il sindaco di Firenze si è insediato a Palazzo Chigi con la più classica delle congiure di palazzo, dopo aver spergiurato in lungo e largo che mai sarebbe diventato premier senza prima un passaggio elettorale?
E magari piuttosto che scandalizzarsi di un’alleanza di comodo in funzione anti-euro per costituire a Bruxelles un gruppo parlamentare con un “tizio inglese” (che, malgrado il minimalismo di Serra, ha scalzato in un colpo solo laburisti, conservatori e socialdemocratici, non a Topolinia, ma in Gran Bretagna), Serra com’è che non si straccia le vesti (sì, quelle radical chic!) per il fatto che il primo atto del suo “Uomo dei Sogni” è stato di siglare un patto segreto con il Pregiudicato, condannato per frode fiscale, per fare la riforma della Costituzione? Il quale forse non sogna, come nota ingenuamente Serra,“il ritorno delle donne ai fornelli” ma, per fugare preventivamente qualsiasi dubbio in proposito, fino a poco tempo fa organizzava vivaci festini notturni coordinando schiere di ragazze in abiti succinti mentre si industriavano quali procaci infermiere tuttofare… Eppure quest’uomo, solo qualche giorno prima del 25 maggio, ha messo in fila i voti necessari per non far cadere il governo Renzi!
Ma si sa: bisogna avere la vista acuta di Serra per rendersi conto che la pagliuzza nell’occhio di Grillo è molto, ma molto più gigantesca della trave nel proprio occhio.

mercoledì 26 febbraio 2014

Il Ser...raglio di Repubblica sul carteggio Renzi-Di Maio

Povero Serra! Checché ne dica lui, i bigliettini che il premier Matteo Renzi ha scambiato ieri con il deputato Luigi Di Maio costituiscono palesemente un fatto pubblico, tant'è che i media, ancor prima di conoscerne il contenuto, hanno enfatizzato l'episodio, fra l'altro avvenuto in diretta Rai.
L'opinione pubblica, quindi, è stata subito messa al corrente, seduta stante, che il neo Presidente del Consiglio aveva imbastito, durante il dibattito alla Camera per la fiducia al suo governo, un breve carteggio con uno dei massimi esponenti dell'Opposizione (quella vera!).
E' un fatto privato tutto ciò? Evidentemente no!
Non ci vuole molto a capirlo, se non altro perché la cosa si è svolta non durante la riunione settimanale della bocciofila ma in una occasione simbolicamente e sostanzialmente assai rilevante della nostra vita istituzionale, forse la massima possibile, mentre Renzi era assiso (usiamo il termine consono agli austeri luoghi) alla Camera dei Deputati nel posto riservato al  Capo del Governo (le maiuscole sono per aiutare Serra...).
Ma il 'fantasista' bolognese giudica negativamente il comportamento leale e trasparente di Di Maio, tanto da arrivare a dire che Renzi dovrebbe togliergli il saluto: "vigliacco e scorretto" così lo bolla!
E' chiaro che, accecato dalla fede piddina, è ormai incapace  di discernere tra il Bene e il Male, cioè individuare la dimensione ben oltre che pubblica, Istituzionale, di una conversazione rispetto alla "ciancia di corridoio o di birreria" (sic!).
Non bene ma benissimo ha fatto quindi Di Maio a riprodurre in rete quel  curioso scambio epistolare che avrebbe potuto generare fastidiose illazioni, pregiudizievoli per entrambi i protagonisti ma, soprattutto, per Renzi, giusto alla prova della Fiducia.
La vera perplessità piuttosto è un'altra.
Possibile che Serra non si renda conto della castroneria che ha scandito non in un sms inviato ad un amico ma dalle colonne di uno dei più diffusi quotidiani italiani?
Eppure non si tratta di voce dal sen fuggita! Tant'è che ha la dabbenaggine di ammettere che "quando scrivo queste righe uso un tono, una cura e un tempo infinitamente maggiori di quando mando un sms a un amico". 
Quando abbiamo letto la sua Amaca non ci volevamo credere: possibile che quello che in TV viene presentato come un intellettuale si crogioli così, a fare l'asino? 
Perché la sua Amaca è da tempo diventata un Ser...raglio. 
Che s'adda fà pè campà!

giovedì 20 febbraio 2014

Cadere giù dall'amaca

L'ipocrisia algida e snob di Michele Serra raggiunge oggi il suo massimo e forse irripetibile vertice.
Non potendo spendere una sola parola a favore dell'indifendibile Renzi, che in queste ore sta tessendo la propria tela con il Pregiudicato, rispolvera i panni di Donna Letizia, con una anacronistica lezione di buone maniere: per la verità, evidentemente colpito da un improvviso rigurgito stalinista, lui la definisce "igiene psicologica".
Così non può che scaricare tutto il suo disappunto per la scialba prova del sindaco di Firenze su Beppe Grillo che ieri ne ha paralizzato la parlantina, semplicemente rinfacciandogli le ripetute incoerenze.
Naturalmente esala come sempre dall'amaca di Serra l'inconfondibile puzza sotto al naso, connotato storico degli iscritti all'esclusivo club della sinistra talmente chic da doversi dissimulare quotidianamente sotto abiti radical.
Griffati, va da sé!

domenica 16 febbraio 2014

Renzi ripropone le larghe intese con il Pregiudicato d'Italia

Il ciclone Renzi che ha abbattuto d'improvviso e in sole 48 ore il governo Letta, senza un doveroso passaggio parlamentare, riporta agli antichi fasti la stagione delle larghe intese
Perché il tentativo del sindaco di Firenze può spiegarsi unicamente con l'aver ricevuto l'esplicito inconfessabile nulla osta di Silvio Berlusconi, il Pregiudicato d'Italia. Altrimenti la sua iniziativa fallirebbe già in queste ore, ancor prima che il suo governo possa accendere i motori.
O Renzi è uno squilibrato, ma non abbiamo motivo di pensarlo, oppure la riedizione delle larghe intese, riveduta ed edulcorata con le bischerate del guitto fiorentino, è ai nastri di partenza, con un orizzonte temporale che comunque resta incerto.
Sono i numeri che lo dicono: il perimetro del futuro governo Renzi è lo stesso, identico, di quello di Letta. Ragione per cui il programma politico non potrà in nulla deviare da questo: Renzi potrebbe comodamente riciclare lo sbiadito Impegno Italia, approntato solo lunedì scorso dal nipote di suo zio, senza neppure fare la fatica di riscriverlo e magari neppure di rileggerlo. 
Sì, certo, potranno cambiare alcune figure dell'esecutivo, come l'impresentabile Cancellieri. Ci potrà essere l'ingresso di personalità carismatiche come Epifani, l'inevitabile sostituzione di Saccomanni all'Economia, ma la politica economica di questo governo, elemento decisivo per tratteggiarne la fisionomia, non potrà differire di una virgola da quella del governo Letta: una supina accettazione dei diktat europei, una cieca e cronica austerity che proseguirà per mancanza di liquidità, le privatizzazioni di buona parte dei pochi gioielli di famiglia rimasti (Eni, Enel, Finmeccanica), la necessità di nuovi tagli alla spesa e l'introduzione ormai imminente di una tassa sui depositi bancari e sulla ricchezza finanziaria in tandem con una rimodulazione di quella sulla proprietà immobiliare, ovvero la famosa patrimoniale che i tedeschi, non avendo alcuna intenzione di venire in nostro soccorso, ci vogliono imporre da tempo.
In fondo, è l'esatto contrario di quello che solo fino ad una settimana fa Renzi si era impegnato a fare, lasciando libertà di movimento ad Enrico Letta, in attesa di prenderne il posto dopo le prossime elezioni politiche anticipate. 
Come sia possibile che Renzi possa compiere un simile voltafaccia, una mossa così avventata e autolesionista, sembra un mistero. Qui non si tratta di rischiare il tutto per tutto, come lui stesso ha già ammesso, ma di consegnarsi anima e corpo al Pregiudicato. 
Una condotta apparentemente dissennata: infatti, cosa accadrebbe se non dovesse trovare i numeri per ottenere la fiducia? Di certo, passerebbe alla storia come il kamikaze del PD! 
Insomma, Renzi affida il suo destino politico nelle mani di Berlusconi e dei suoi bravi... se non è questo un suicidio politico!
Ma se questo puzzle non torna, forse può voler dire che le cose non stanno proprio come ci vengono presentate.
E' molto strano che, come si mormora da più parti dentro al PD, la "profonda sintonia" con il Pregiudicato d'Italia dichiarata giorni fa da Renzi a Largo del Nazzareno a conclusione dell'incontro con quest'ultimo sulla legge elettorale e sulle riforme costituzionali (un pessimo biglietto di presentazione!) non coinvolga evidentemente anche la partita del governo, cosa che anche sul piano logico sembrerebbe scontata.
Non si capisce infatti come sia possibile per i due compagni di merende fare le riforme costituzionali insieme, d'amore e d'accordo, e poi schizofrenicamente farsi la guerra all'ultimo sangue sul governo: una buffonata a cui nessun italiano, con un minimo di spirito di osservazione, potrebbe mai abboccare.
Come riconosce pure il corazziere Eugenio Scalfari, nell'odierno messale,  il programma economico di Renzi non si differenzia in nulla da quello di Forza Italia:
   
"Renzi si è impegnato a non fare governi con Forza Italia e — si spera — manterrà l’impegno, ma gli accordi con Berlusconi si estendono ad una buona parte del suo programma di riforme. Non comprendono la politica economica e i provvedimenti che la riguardano. Ma, nelle ancora vaghe dichiarazioni di Renzi in proposito, non si ravvisano sostanziali diversità da Forza Italia: sgravi ai lavoratori e alle imprese e quindi cuneo fiscale ridotto per quanto possibile; prevalenza del contratto di lavoro aziendale su quello nazionale; nuove forme di ammortizzatori sociali; semplificazione delle procedure, più elasticità finanziaria rispetto ai vincoli di Bruxelles; diminuzione delle tasse e tagli delle spese.
Queste finora sono le dichiarazioni di Renzi. Ricordano sia quelle di Letta sia quelle di Squinzi e della Confindustria, sia quelle della Cgil, sia quelle di Forza Italia quando ancora si chiamava Pdl."

Il renzismo non è altro che la continuazione del berlusconismo in forme più adeguate ai tempi sul piano della comunicazione: in sintesi, il cinepanettone che diventa pratica di governo. 
Di qui la necessità impellente di Renzi di rompere gli indugi per piazzare i suoi uomini prima che lo spoils system di Letta ne potesse bloccare la proliferazione.
Ma a questo punto si capisce anche perché Napolitano non lo abbia rinviato alle Camere. 
Al contrario di ciò che afferma Scalfari infatti presentarsi alle Camere avrebbe fatto emergere di fronte al Paese i veri motivi di questo affrettato e inopinato cambio in corsa: ovvero, il riemergere della figura del Pregiudicato come eminenza grigia del nuovo esecutivo, vero mattatore delle larghe intese. 
Ciò spiega pure perché Re Giorgio non abbia trovato nulla di disdicevole nell'accogliere al Quirinale il frodatore fiscale, in predicato di scontare la pena, per le Consultazioni.
Anche in questo caso, la figura di Napolitano che ormai dal Colle gioca una partita politica a tutto campo, infischiandosene di ciò che prescrive la Costituzione riguardo alla sua funzione super partes, ne esce a pezzi. Quando l'arbitro non solo inizia a fischiare i rigori esclusivamente a favore di una squadra ma lui stesso inizia a calciarli per infilare la porta dell'Opposizione, vuol dire proprio che lo stato democratico è giunto al capolinea: chiamatelo, se volete, un nuovo 8 settembre.
Ma una ultima riflessione va a questo punto fatta: possibile che dentro il PD lascino agire indisturbato il kamikaze Renzi  e osservino indifferenti le macerie ideologiche che sta causando, senza muovere un dito? Dà tanto la sensazione che il Pregiudicato d'Italia, proprio grazie a Renzi, abbia ormai ultimato la scalata a questo partito, la cui nomenklatura resta inerte, intenta solo ad occultare i troppi scheletri nell'armadio.
Insomma, non solo ancora non è ancora stata fusa la chiave per la cella del Pregiudicato ma è proprio lui a possedere la combinazione di qualche cassaforte dal contenuto scottante e, quindi, giocoforza a comandare le danze.


domenica 2 febbraio 2014

Il governo in Bol...Letta e gli intellettuali complici

Quanto successo durante la settimana in Parlamento ha finalmente chiarito agli ultimi dubbiosi la natura autoritaria ed antidemocratica di questo governo e di una maggioranza impresentabile, che si appresta spudoratamente a riformare la Costituzione. 

In primis, il ruolo di Matteo Renzi, personaggio che sembra tirato fuori da un cinepanettone, per fargli fare al massimo la spalla di Ceccherini o Pieraccioni, capace solo di ripetere vuoti slogan e di approfittare del totale sbandamento del Pd, ormai in una irreversibile crisi di valori, per salvare dall'oblio e risospingere al centro della scena politica il famigerato frodatore fiscale Silvio Berlusconi. A cui la nomenklatura excomunista, il cui unico titolo di merito è proprio quello di averlo risuscitato più volte, non trova di meglio oggi, per strapparlo ai servizi sociali, che battezzarlo all'improvviso padre costituente.
Mentre il premier Letta, in conferenza stampa, arriva a minacciare il movimento di Beppe Grillo parlando di "eccessiva tolleranza" nei confronti delle proteste in aula dei 5stelle.
Dichiarazioni che suonano gravissime, provenendo da un'autorità che ha la guida dell'esecutivo e da cui dipendono il Ministero dell'Interno e i servizi segreti. Parole che andrebbero chiarite e rettificate al più presto.
In questo scenario tragico e triste, la presidente della Camera Laura Boldrini, venendo meno al suo ruolo di garante dell'assemblea legislativa, ha fatto da sponda al governo Letta, il governo degli amici degli amici e dei nipoti degli zii, degli incompetenti, degli smemorati, degli irresponsabili. 
Perché è solo da irresponsabili riscrivere infinite volte, tanto da non farci più raccapezzare nessuno, la tassazione sulla casa: da Imu, ex Ici, a TRISE, dopo IUC, divisa in TARI (già TARES) e TASI. 
Giochetti enigmistici per spillare ancora quattrini agli Italiani mentre si spendono decine di miliardi per gli F35, che lo stesso Pentagono ora ritiene pericolosi e inaffidabili; o ancora, per regalare 7,5 miliardi di euro alle banche, o abbuonare alle società concessionarie delle slot machine 98 miliardi di euro, ridotti sì e no a due-trecento milioni.
Una classe dirigente che non solo non chiede scusa per l'immane disastro economico dell'euro in cui ci ha colpevolmente precipitato, senza neppure immaginare e definire una exit strategy,  ma arriva a minacciare l'opposizione nell'esercizio delle sue funzioni e dei suoi diritti (tra cui, ovviamente, l'ostruzionismo), dopo aver sparso veleno e diffamazione contro il M5S a reti unificate in tutte le fasce orarie, in virtù dell'accordo sottobanco tra Pd e Pdl santificato con la rielezione del Presidente della Repubblica,  da tempo fuori da ogni logica e procedura costituzionale.
Un esecutivo in BolLetta che guidato dall'incapace nipote del più fedele luogotenente berlusconiano, deve ringraziare per la sua sopravvivenza  la Presidente della Camera Laura Boldrini, una rara combinazione di incompetenza, inesperienza, ottusità, mediocrità intellettuale, arroganza, ipocrisia, che arriva a difendere l'arbitrio commesso, per la prima volta in 70 anni di storia repubblicana, di tagliare gli interventi delle opposizioni per far passare di prepotenza il decreto legge porcata che regala 7,5 miliardi di euro alle banche, prendendo ripetutamente in giro gli Italiani,  e dichiarando l'indomani di non esserne pentita!
Vergognosi, infine, i cosiddetti intellettuali embedded, al seguito delle corazzate editoriali che diffamano i bravissimi ragazzi del M5S equiparandoli ai fascisti, facendo non solo strame della verità e della drammatica storia italiana ma, quel che è più indecente, mercimonio dell'intelligenza.
Non parliamo del giornalista Francesco Merlo che giustifica l'aggressione del parlamentare di Sc alla deputata del M5s Loredana Lupo con ignobili parole (le riportiamo integralmente perché ne sanciscono l'autogogna mediatica):  
"E CHI ERA quella "brava ragazza" che agitava contemporaneamente braccia e gambe (si può, le grilline possono), e dovunque c'era un groviglio vi si immergeva a tuffo e vi nuotava in apnea? Si chiama Loredana Lupo ed è la lupa che ieri sera guidava l'assalto delle squadracce grilline a Montecitorio gridando "dittatura, dittatura!" e "ora lo scontro si sposta nelle piazze". Colpisce che a fermare la forsennata sia stato uno schiaffo di Stefano Dambruoso, deputato montiano, questore della Camera, ex magistrato, violento per contagio, anch'egli scomposto e ora pavido nel difendersi: "Escludo lo schiaffo, ma non nego un contatto fisico". Insomma dice che la mano gli è partita come se non fosse sua. Imbavagliata come in Val di Susa, la lupa voleva infatti sbranare la presidente Boldrini, che aveva sconfitto l'ostruzionismo grillino con le regole, con l'orologio della democrazia, con la velocità del diritto."
Se questo è un giornalista... che per giunta si fa gioco, nel modo più volgare e sessista, persino del cognome della vittima. Non basta chiamarsi Merlo per essere scusato di aver scritto le frasi citate ma bisogna sicuramente essere un merlo per poterle condividere. 

Ma naturalmente non c'è nessuno che chieda conto a Merlo delle infami espressioni lanciate sulle colonne di Repubblica nè che solidarizzi con la deputata del M5S: men che meno la Boldrini!
Lasciamo stare Corrado Augias, il famoso pseudointellettuale della presunta sinistra british (già sbugiardato quando sognava pochi anni fa un maxiparcheggio sotto il Pincio appoggiando da bravo pasdaran piddino lo sconsiderato progetto devastatore e mangiaeuro di Veltroni), che vuole dare lezione di bon ton ai pentastellati. Fa finta di scandalizzarsi per l'infelice battuta sessista di un deputato del Movimento a cui le onorevoli del Pd avevano in precedenza ripetutamente dato del fascista, ma non ha nulla da obiettare contro l'aggressione fisica di cui è stato autore Dambruoso.  Infine, ritiene normale che, in un Paese con tre forze politiche di dimensioni analoghe, due politici extraparlamentari ben conosciuti alla giustizia italiana come Renzi e Berlusconi, possano inventarsi un nuovo sistema elettorale per fare fuori il M5S. 
Anzi, da autentico democratico qual è, confida in questa prospettiva, ammettendo: "Dopo l'ubriacatura del 25% arriverebbe la soglia fisiologica che un movimento del genere può raggiungere, la frangia marginale di scontenti che c'è sempre in ogni società"
Lascia intendere che, anche in tempi così difficili per il volgo, lui si sente estremamente soddisfatto... Probabilmente un libro sui "misteri di Augias" sarebbe più utile dei suoi polpettoni pseudostorici pubblicati (indovinate un po') da Mondadori, alias Berlusconi, che intasano le librerie togliendo spazio espositivo a opere realmente valide e meno pubblicizzate. 

Stamattina prende di mira, naturalmente con estrema nonchalance, il bravissimo deputato del M5S Alessandro Di Battista ma non si accorge, sicuramente per uno scherzo dell'età, di stare abbozzando il suo autoritratto, cadendo in una ridicola contraddizione:  
"È un uomo d'aspetto gradevole, molto consapevole, molto compiaciuto, parla con calma, lanciando, soavemente, insulti terribili: quello è un falsone, quello è un condannato, quello è un pollo da batteria e via di questo passo. La sua calma mi è sembrata spaventosa; traspare la sicurezza di chi ritiene di possedere la verità. Dal punto di vista psicologico gli si addice l'immagine del "lupo di rango superiore" descritta da Artico. Ridurre i problemi a slogan orecchiabili per meglio padroneggiarli e che nessun dubbio incrini le certezze, dividere il mondo in due con un taglio senza sfumature."   
E finisce, come conierebbe da par suo, in un cul de sac:  
"Questi grillini, che rifiutano il bipolarismo elettorale perché non gli conviene, politicamente hanno adottato la visione rigidamente dualista dei manichei: la Luce e le Tenebre."

Ma il vertice del vizio intellettuale lo raggiunge il matematico Piergiorgio Odifreddi che in un suo post su Repubblica.it afferma categorico: è "Fascismo a 5 stelle", argomentando con slogan vuoti e demenziali. Si può andare tranquillamente a un Bar Sport con la garanzia di una maggiore profondità di pensiero tra gli avventori!  

Possibile che un docente universitario utilizzi così  irresponsabilmente parole come fascismo e squadrismo in un delirio futurista di espressioni, attribuzioni, eventi, ricostruzioni capziose di fatti e comportamenti? Purtroppo è possibile: evidentemente una preziosa vetrina come quella offerta a Odifreddi da Repubblica val bene la volenterosa complicità nella sfrenata disinformazione in cui il gruppo Espresso è impegnato ai danni del M5S. 
Dopo aver letto l'ultimo post di questo retore camuffato da intellettuale viene veramente voglia di fare piazza pulita per sempre di ogni sua escrezione verbale, bonificando persino la pattumiera della carta. 
Scenario fosco quello che si sta delinenando: un governo in BolLetta, che minaccia la svolta autoritaria, incapace di venire a capo della crisi economica e finanziaria,  privo di qualsiasi credibilità morale e professionale, che resta in sella sotto tutela di un presidente della Repubblica di quasi novant'anni, lui stesso sotto impeachment, grazie ad una stampa serva dei grandi potentati economici e della tecnocrazia europea; ed una classe intellettuale che, con poche eccezioni, per difendere strenuamente privilegi e  rendita di posizione, non esita un attimo a lanciare bordate reazionarie contro i cittadini che protestano esasperati dentro e fuori il Parlamento. 
Poi ci si meraviglia  che nel 1931 solo una decina di professori universitari si rifiutarono di prestare il giuramento di fedeltà al fascismo...

PS: a detta di Repubblica, pare che un simpatizzante del M5S abbia dato fuoco alla sua copia del libro di Augias, postando la foto su Facebook. Ha fatto male,  prendiamo le distanze da un gesto così scriteriato, che produce solo inquinamento. Infatti la carta può essere più facilmente ed utilmente riciclata, utilizzando l'apposita campana di color giallo.

martedì 16 aprile 2013

Il Movimento 5 Stelle ha costruito al PD un'autostrada per il cambiamento


Dopo tante chiacchiere, è arrivato il momento di giocare a carte scoperte. 
Perché Pierluigi Bersani, ormai all'ultimo giro di giostra, deve finalmente dimostrare che il refrain di queste settimane, ripetuto come un tormentone estivo, varare il tanto famigerato governo del cambiamento, non è un semplice espediente dilatorio, cioè uno slogan da dare in pasto alla sua base elettorale, con il morale sotto le scarpe, per confortarla dopo l'ennesima cocente delusione di una vittoria mancata sul filo di lana: forse l'estremo bluff di una leadership ormai senza idee e senza passione.
In queste settimane, facendo a pugni persino con il comune buon senso prima ancora che con la legge dei numeri, il segretario democratico ha cercato in tutti i modi di farsi dare un incarico pieno da Giorgio Napolitano per dare vita ad un esecutivo di minoranza che, di volta in volta, avrebbe cercato i voti in Parlamento, magari facendo scouting tra gli eventuali Scilipoti del M5S ovvero continuando ad inciuciare con il Cavaliere in incontri a porte chiuse. 
Una strada sbarrata che ha costretto il Paese alla paralisi dell'attività istituzionale, perché nel frattempo, d'accordo col PDL, Pierluigi Bersani ha impedito la costituzione delle commissioni parlamentari permanenti e dunque l'avvio dei lavori delle assemblee legislative, oltre a rendere ancora più impervia la strada per un nuovo esecutivo, costringendo il Presidente della Repubblica a prendere tempo.
Solo così si può spiegare la convocazione di un'imbarazzante Congrega dei Dieci Saggi che in dieci giorni di inutile 'copia e incolla' hanno prodotto delle relazioni assolutamente irrilevanti, di cui nessuno già oggi, a distanza di soli quattro giorni, si ricorda più.
Mentre dentro il suo partito i mugugni si sono trasformati rapidamente in una vera e propria guerra di tutti contro tutti e, soprattutto contro di lui, Bersani, che già aveva giocato ambiguamente di sponda con il Cavaliere per l'elezione di Piero Grasso, uomo d'apparato, alla presidenza del Senato.
In questo quadro, il duello a distanza di ieri tra il rottamatore Matteo Renzi e la senatrice Anna Finocchiaro denuncia lo sfaldamento del PD mentre il segretario si incaponisce ad inseguire l'araba fenice di un governo a sua immagine e somiglianza,  seguendo una strategia schizofrenica: insistere con Napolitano nel volersi presentare alle Camere con un governo di minoranza mentre contemporaneamente cerca addirittura le larghe intese con Berlusconi per la scelta del prossimo inquilino del Colle. 
Una pretesa politicamente assurda: come pure i sassi sanno, la partita del prossimo governo si giocherà, come la Costituzione impone, proprio nelle stanze del Quirinale per cui non si capisce perché il maldestro smacchiatore di giaguari voglia lasciare fuori dalla porta di Palazzo Chigi il Cavaliere, quando proprio con lui intende scegliere il nome del nuovo Presidente della Repubblica, per i prossimi sette anni vero deus ex machina della vita istituzionale del nostro Paese.
Com'è possibile che Berlusconi sia impresentabile per Palazzo Chigi ma è partner affidabile, leale e autorevole per il Colle? 
Ai simpatizzanti del PD l'ardua sentenza!
Forse dietro questo suo atteggiamento apparentemente incomprensibile c'è la convinzione di poter contare comunque sui voti del M5S, come se ritenesse inconsciamente che siano voti del PD in momentanea libera uscita: ma se così fosse, la parola dovrebbe passare ad un bravo psicanalista.
Anche perché il M5S e il suo leader Beppe Grillo gli hanno sbarrato la strada da subito, in modo plateale, senza lasciargli speranza alcuna. 
E' vero, Bersani ha cercato di 'convincere' Grillo attraverso una  fatwa mediatica, accusandolo indirettamente di tutto, semplicemente perché, coerentemente alla campagna elettorale e alle battaglie politiche degli ultimi cinque anni (a partire dal primo V-day), il leader del M5S si è rifiutato di firmargli una delega in bianco su quei famigerati otto punti di programma, fra l'altro tutto fumo e niente arrosto.
Un politico con un minimo di senso della realtà avrebbe immediatamente compreso che un movimento di cittadini come quello guidato da Grillo si sarebbe condannato all'irrilevanza politica se avesse dato il nulla osta ad un'operazione del genere, ovvero un governo a guida Bersani, il quale, già durante le consultazioni, dichiarava che, una volta seduto a Palazzo Chigi, in mancanza dell'appoggio dei parlamentari pentastellati sui singoli provvedimenti, avrebbe non solo fatto scouting nelle sue fila ma cercato pure il soccorso azzurro di Berlusconi.
Ad esempio, su una questione cruciale come la Tav, in mancanza dei voti di Grillo, l'impareggiabile premier Pierluigi avrebbe cercato il consenso scontato del PDL, con il M5S messo così fuori gioco e lasciato in un angolo a leccarsi le ferite e a meditare con Seneca sull'ingratitudine umana
Perché togliere la fiducia ad un governo a cui la si è inizialmente accordata non è così facile come qualche ingenuo potrebbe pensare: anzi, in talune circostanze, è praticamente impossibile. 
A quel punto, addio Movimento, morto prima di essere diventato adulto, come un fiore di campo che resiste al gelo primaverile ma perde i petali al primo soffio di vento.
Adesso, grazie alla coerenza e lungimiranza del suo leader, il M5S torna al centro della scena politica avendo, con le sue Quirinarie (tanto sbeffeggiate dai media di regime quanto in fin dei conti rivelatesi preziose), indicato al PD un poker di nomi, difficilmente rispedibili al mittente.
Milena Gabanelli in pole position, Gino Strada, Stefano Rodotà, Gustavo Zagrebelsky, tutte persone perbenissime, esponenti di chiara fama di quella società civile con cui, in queste settimane, Bersani ha detto di voler interloquire (lo dimostra il numero sterminato di delegazioni non partitiche ricevute nel suo giro di consultazioni).
C'è solo l'imbarazzo della scelta: non sta a noi ripercorrere lo specchiato curriculum di questi Italiani a cui gli iscritti al M5S hanno riservato le loro simpatie.
La scelta di uno di loro, posto che il candidato di bandiera per le prime tre votazioni per Grillo sarà proprio Milena Gabanelli, significherebbe finalmente una svolta nella politica italiana, capace di rappresentare per la prima volta dai tempi fulgidi di Sandro Pertini un sentimento di stima diffuso e trasversale che scavalca la tradizionale e sclerotica dicotomia destra - sinistra, che ha nascosto in questi anni, dietro un'apparente contrapposizione ideologica, una smaccata convergenza di interessi, tanto torbida quanto sottaciuta: il famigerato inciucio.
Grillo e i suoi parlamentari hanno così scaraventato la palla nel campo del PD che a questo punto deve scoprire le proprie carte: perché rifiutare questi nomi sembrerebbe una missione impossibile. 
Non fosse altro che  appaiono di altissimo gradimento proprio nell'elettorato di centrosinistra e alcuni di loro pescano larghi consensi anche nel centrodestra: è il caso dei due insigni costituzionalisti Gustavo Zagrebelsky e Stefano Rodotà.
In una fase storica in cui si tratta di mettere mano a imponenti riforme istituzionali, chi meglio di un valente giurista può farsi garante della transizione indolore e in punta di Costituzione alla Terza Repubblica?
Se Bersani e il gruppo dirigente del PD non saprà cogliere l'attimo fuggente che da giovedì mattina si presenterà al Parlamento riunito in seduta comune con i rappresentanti delle Regioni, non solo decreterà un definitivo fallimento personale ma innescherà la deflagrazione del Partito Democratico, costringendo il Paese a tornare al più presto alle urne dopo un drammatico nulla di fatto.
Contro la tentazione del grande inciucio con Silvio Berlusconi per puntare su nomi a questo punto di basso o bassissimo profilo come Amato, Marini, D'Alema, Violante, Severino, Cancellieri, Bonino, Finocchiaro, Monti, Casini e chi più ne ha più ne metta, il poker esibito dal Movimento 5 Stelle metterà automaticamente a nudo i vizi e le virtù del gruppo dirigente del PD. 
Anche perché qualcuno dovrà prima o poi spiegare ai propri elettori perché mai le larghe intese si debbano fare con il PDL, terza forza politica alla Camera, e non con il Movimento di Grillo che, almeno in Italia, ha preso pure un numero di voti superiore a quelli dello stesso PD.
Insomma, il Movimento 5 Stelle, lungi dall'Aventino in cui certa stampa lo accusa di essersi relegato, ha costruito in tempi record un'autostrada al Partito Democratico per far uscire il Paese dall'intricatissimo ingorgo istituzionale e magari dargli, dopo quattro mesi, un buon governo finalmente nella pienezza dei suoi poteri.
Per Bersani e c., insistere con i vecchi riti sarebbe politicamente irresponsabile oltre ad essere esiziale per il suo partito, fra l'altro dovendo smetterla di ripetere come un disco rotto: è tutta colpa di Grillo...
Aspettiamo pazientemente il PD al casello con uno dei quattro prestigiosissimi ticket.


lunedì 16 marzo 2009

La congiura di Walter e... il nuovo che avanza!

E’ storia nota e arcinota. Pausilypon da sempre sostiene che la caduta del governo Prodi del 2008 fu dovuta ad una congiura di Palazzo che aveva in Walter Veltroni l'ispiratore ed in Clemente Mastella soltanto l’esecutore materiale.
Bastava leggere le cronache di quei giorni.
Ieri sera Romano Prodi, ospite di Fabio Fabio nel suo programma Che tempo che fa, ha ribadito il concetto in modo definitivo ed inoppugnabile. Leggiamo dal Corriere.it:

«Il mio esecutivo — ha detto l'ex premier — poteva andare avanti, perché dopo una Finanziaria durissima il Paese avrebbe finalmente potuto raccogliere i frutti di quei sacrifici. E invece, come successe anche con il mio primo esecutivo, dopo l'ingresso nell'euro, il governo è stato fatto cadere». Prodi ha quindi rievocato l'esatto momento in cui le sorti dell'Unione sono precipitate nell'abisso. La scintilla fu l'annuncio di Veltroni, da poco eletto al vertice del Pd, di andare soli alle elezioni, senza Rifondazione, senza ali. Domanda di Fazio: «Cosa ha pensato in quel momento, Professore?». Risposta: «Non ebbi bisogno di pensare. Ricordo che si affacciò Mastella alla porta del mio ufficio a Palazzo Chigi. Teneva la testa piegata da un lato e urlò: se voi volete fare fuori me, sono io che faccio fuori prima voi. Per la verità la frase di Clemente era un po' più colorita, ma la sostanza non cambia...».

Se non fosse stata l’incredibile uscita di Veltroni sulla millantata vocazione maggioritaria del PD e sul desiderio di correre da soli (mentre il governo Prodi era pienamente in carica, proprio con l'appoggio del partito leader della coalizione, il PD), oggi Romano Prodi siederebbe ancora a Palazzo Chigi con una guida sicuramente più sicura e competente di quella mostrata da Silvio Berlusconi in questi mesi, che riceve ormai l’aperta disapprovazione pure della stessa Confindustria, uno degli sciagurati protagonisti l’anno scorso assieme a Veltroni della resistibile rinascita del Cavaliere.
Il fatto che Veltroni abbia ripetutamente dichiarato di aver affrontato le elezioni politiche del 2008 in condizioni impossibili, quasi che a lui non si potesse addebitare la responsabilità della sconfitta, è sempre stato un suo curioso modo per allontanare da sé i sospetti sulla prematura caduta del governo di centrosinistra.
Ma le parole di Romano Prodi sono come pietre: nessun politico con un minimo di buon senso, poteva pensare che le parole esplosive di Veltroni sarebbero state lasciate cadere senza prima provocare un vero terremoto nell'Unione. Come è infatti stato.
Rispetto a quel cataclisma, le successive, infinite sconfitte di Walter Veltroni, hanno, tutto sommato, un rilievo minore: la sua gravissima, incancellabile, responsabilità è stata quella di aver fatto cadere il governo Prodi proprio nel momento in cui stava finalmente per raccogliere, insieme agli Italiani, i frutti di un duro lavoro di risparmi e sacrifici compiuti per risistemare le finanze pubbliche.
Proprio quando si trattava di ripartire il tesoretto, ve lo ricordate?, dispensando agli Italiani qualche beneficio, l’impareggiabile Walter se ne uscì in quel modo incredibile, roba da far venire la pelle d’oca.
E’ chiaro che finché il PD non avrà fatto chiarezza su questo punto, celebrando un vero congresso che mandi a casa non solo l’ex sindaco di Roma ma l’intera sua classe dirigente, rea di aver abbandonato l'Italia su un piatto d'argento a Berlusconi (altro che l'insulsa petizione Salva l'Italia!), le speranze per il Paese sono ridotte al lumicino.
Peggio, c’è il rischio che dentro il Partito democratico emergano leader improbabili, che hanno il solo dichiarato merito di candidarsi contro l’incapace nomenklatura di quel partito: come tal Matteo Renzi da Firenze che, ammiccando ai telespettatori con il golfino color Fiorentina, si è presentato giovedì scorso nello studio televisivo di Michele Santoro ciacolando di Costituzione, in modo veramente imbarazzante.
Se questo è il nuovo…